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LO SPAZZINO DELLE NUVOLE

In DRAGONFLY IN THE NIGHT by Benedetta Tagliaferri on July 9, 2012 at 4:26 pm

Storia di Benedetta Tagliaferri.

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C’era una volta uno spazzino, di quelli come ce n’erano una volta.
Vestito di blu, berretto in tinta, taciturno ed immerso nel suo metodico movimento.

Spazzino adorava il suo lavoro; lo definiva leggero e celestiale.
Ed aveva ragione, perché erano le nuvole nel cielo blu che doveva spazzare.

Era stato scelto dall’Aldea Blu per rimuovere dal suo manto azzurro le bianche nubi, che ai suoi abitanti parevano invadere inutilmente l’orizzonte, nascondendone i limiti.
Gente strana.

Ma, effettivamente, il loro cielo era ampio, pulito, brillante, e loro allegri e felici.
Sopratutto durante i tramonti estivi, era una tale bellezza vedere tutto il mondo circondato da raggi limpidi, colori incandescenti e ammirare il sole addentrarsi nella notte, altrettanto limpida.

Ma, ció a cui non avevano pensato gli abitanti dell’Aldea Blu, era che le nuvole che spazzino spazzava via si accumulavano su un’altra aldea, che non sapeva perché il suo cielo era sempre grigio e pieno di nuvoloni, tutti accatastati uno sull’altro, gravidi di perenne pioggia, minacciosi di tormenta.
E gli abitanti sempre tristoni, demoralizzati.

Non sapendo come fare per liberarsi di tale cielo, il capo dell’altra aldea decise di inviare in spedizione tre cittadini coraggiosi a cercare un altro tetto sotto il quale traslocare.
I tre viaggiatori camminarono per praterie impantanate ed uggiose per ore ed ore, fino a che il cammino si fece sempre piú secco e caloroso e dal cielo iniziarono a trapassare raggi di sole, tra nuvole sempre piú bianche e dissipate.

Felici ed entusiasti continuarono a camminare in quella direzione, galvanizzati dalla scoperta di un nuovo cielo sotto il quale vivere sereni.

Tutt’un tratto, peró, videro un ometto su una scala lassú, con una scopa in mano, che fischiettando rimuoveva le poche nuvole verso la loro lontana casa.
Allora capirono tutto, e si arrabbiarono non poco!

Spiarono i vicini e li videro godersi un cielo eternamente limpido e luminoso, mentre il loro li faceva vivere sempre inzuppati ed arrabbiati.
E tutto a causa di spazzino che spazzava le nubi sempre e solo verso il loro villaggio!

Tornarono e raccontarono tutto al capo, che decise di riunirsi con gli abitanti dell’Aldea Blu per risolvere la questione.
Ma non ci fu nulla da fare; l’Aldea Blu ad un cielo limpido non voleva rinunciare.
Cosicché iniziarono a litigare.

Un bimbo, tutt’un tratto, chiese di parlare.
Il bimbo spiegó che, a tutti loro non adulti, piace giocare.
E, uno dei giochi piú divertenti da fare, é saltare sulle nuvole soffici, farne delle formine e gli animali inventare.

Tutti conclusero che, effettivamente, d’ora in poi sarebbe stato meglio lasciare a spazzino la libertá di spargere le nuvole a suo piacimento, affinché i bimbi di ambedue i villaggi potessero godere di un parco giochi soffice e leggero, facile da spostare.

E spazzino si dispose a spazzare.
Aveva il lavoro piú felice e leggero del mondo: mandare verso il basso i nuvoloni pesanti, cosicché i bimbi ci potevano saltar sú e fare le capriole, e disporre un recinto per quelle piú inafferrabili lassú, cosicché potevano agguantarle e trasformarle in tutti gli animali che erano capaci di immaginare.

Storia di Benedetta Tagliaferri.

Arte di Sergio Leta, Cosa sono le nuvole.

ALICE L’ALBERO FELICE

In DRAGONFLY IN THE NIGHT by Benedetta Tagliaferri on December 17, 2011 at 3:39 pm

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Tobias era un bimbo silenzioso, a cui piaceva passare tempo da solo, in contemplazione di tutto ció che lo circondava.
Non giocava mai con gli altri bambini, preferiva rincorrere le api e contare le formichine indaffarate.

Per il giorno del suo quinto compleanno la sua mamma gli regaló un vasetto, in cui c’era un semino che un giorno sarebbe diventato albero.
Per Tobias non poteva esserci regalo piú meraviglioso!

Lo portava con sé ovunque, a scuola, a cena, a letto.
Osservava giorno dopo giorno come quel semino passava da essere  un filino timido e magrolino, ad un coraggioso stelo con foglioline curiose.
Lo innaffiava e proteggeva dalle intemperie, gli raccontava fiabe e lo coccolava.

Passó tempo e la piantina inizió a star stretta dentro al vasetto, per cui la mamma gli consiglió di cercare il posto ideale per piantarlo e lasciarlo diventare l’albero che aspettava d’essere.

Cosicché Tobias passó le sue giornate cercando il posto perfetto per il suo amico prediletto.
E lo trovó, al cospetto di un fiumiciattolo, protetto dallo smog e dai rumori cittadini che sapeva essere per gli alberi dannosi.

Lo piantó, innaffió, rassicuró: “torneró sempre da te, amichetto.”
E cosí fece.

Tobias e Alice l’Albero Felice crescerono l’uno appoggiato all’altro, conversando su tutto, osservando il mondo, contemplando il fiumiciattolo, promettendosi reciprocamente d’essere pesciolini in un altra vita per poter essere uguali e per sempre assieme.

Ma un brutto giorno Tobias, giá grandicello, ricevette la notizia di dover partire, per forse mai piú tornare.
Si negó, ma non poté rifiutare.
Con gli occhi pieni di lacrime corse da Alice e gli raccontó la situazione, spiegandogli che se ne doveva andare.

Prima di lasciarlo, lo rassicuró: ‘‘Aspettami, torneró sempre da te, amichetto.”
E correndo con le lacrime agli occhi lo lasció.
Alice, non volendo separarsi, si inclinó verso di lui, tendendo i rami per trattenerlo.

Tobias viaggió per luoghi lontani e bui; la guerra si portava via le persone e la sua anima piangeva di dolore.
Non voleva lottare, voleva solo tornare presto dal suo albero.

Ed Alice, che non ricordava piú com’era essere felice, cercava a tutti i costi di muovere le sue radici verso l’orizzonte che si era portato via il suo piú grande amico.
E tanto si sforzó che le radici uscirono dalla terra e, cosí debole dalla tristezza, i suoi rami non lo sostennero e cadde.
Il fiumiciattolo passo` sotto di lui come gli anni passavano attraverso i suoi occhi tristi, e se lo porto` via.

Tobias, giá ometto e sempre piú silenzioso, scappó da quiei deserti infelici ed intraprese il ritorno al suo villaggio.
Fu un viaggio lungo ed estenuante e, giá sapendosi vicino, decise di dormire nel bosco a pochi kilometri da casa sua.

La mattina dopo si diresse verso il suono dell’acqua per dissetarsi, emozionato dall’immagine del rincontro con Alice l’Albero Felice! 
Ma, mentre si sporgeva per bere, un sasso cedette e lui cadde, avvolto dall’acqua impetuosa, senza nulla a cui aggrapparsi.

Giró e rigiró su se stesso, strapazzato dalle roccie che vi dormivano dentro senza sapere che quell’ometto non poteva morire: aveva una promessa da mantenere.

Tobias venne trasportato malamente dal fiumicciattolo lungo la collina, giú per i campi, attraverso le praterie.
Ma ecco che qualcosa lo trattenne, bloccó ed abbracció.

Alice lo sentí avvinghiarsi ai suoi rami e subito seppe che era lui; era tornato, come aveva sempre fatto.
Tobias si sentí abbarcciare, proteggere, e subito seppe che era il suo albero, il suo unico vero amico, che l’aveva atteso fino a quel momento.
L’ultimo.
Si guardarono in silenzio: “non mi abbandonare.”

Le loro anime urlavano all’unisono.
Tobias sapeva che Alice non lo poteva trattenere.
Alice sapeva che Tobias non lo poteva evitare.

Ambedue rotolarono nel fiume, trasportati dall’acqua verso il lago, abbracciati l’uno all’altro in una promessa.

Appena addentrati nel lago, entrambi si convertirono in due pesciolini, come sempre avevano desiderato essere: uguali ed inseparabili, insieme per sempre.

Story by Benedetta Tagliaferri.

ORIGAMI

In DRAGONFLY IN THE NIGHT by Benedetta Tagliaferri on October 4, 2011 at 1:35 pm

C’era una volta un foglio bianco.
Si sentiva solo, ma era orgoglioso di esserlo, puro ed impeccabilmente geometrico.
Ansiava scivolare per i colori dell’arcobaleno, struscicarsi nella luce liquida, e temeva l’inchiostro buio, la vacuitá delle forme.

Desiderava essere un foglio pregiato, il lato piano di parole invasive. Di quelle che non ti lasciano via d’uscita.
Incapace d’esprimersi ed in impietosa attesa, il foglio bianco rimuginava tra sé e sé cercando il chi, cosa, dove e perché.
Finché il quando arrivó.

Un bimbo leone lo notó; il suo splendore solitario lo rendeva l’oggetto perfetto,
oceano d’olio di bianca leggerezza, disponibile all’avventura.
Lo rubó e portó via con sé.

Chiaramente il foglio era contrario a tutto ció, spodestato e stropicciato, nascosto ed irrimediabilmente allontanato da un vero possibile pensatore, qualcuno che gli desse spessore.

Senza avere voce in capitolo il foglio bianco affrontó il suo destino con altezza, e si lasció fluire nei movimenti saggi di tan giovani manine.
Sensazione strana quella d’essere toccato, piegato, lisciato, e ripieghato; l’aria sussurra sulla superficie, gioca a nascondino.

Mutando, il foglio bianco non poteva sentirsi piú vivo, gioioso d’essere stato rapito da quell’essere cosi` piccolo da non sembrare per nulla rilevante.

E il bimbo leone aveva trovato il mezzo di trasporto perfetto per scappare.

C’era una volta Bianco Leone.
Piccolo e leggero si muoveva sinuoso.
A volte saltava di nube in nube, incorniciato da un cielo blu.

Spesso riposava tra fili d’erba, verdi ed umidi, sotto l’ombra di un ciliegio in fiore.
Ruggiva di tanto in tanto, ma per lo piú ascoltava; le parole si disegnavano da sole e la sua superficie si colorava di paesaggi infiniti.

Era Bianco Leone; puro, orgoglioso e mai piú solo.
Con un unico timore: un bimbo foglio bianco.

Story by Benedetta Tagliaferri.

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