C’era una volta un foglio bianco.
Si sentiva solo, ma era orgoglioso di esserlo, puro ed impeccabilmente geometrico.
Ansiava scivolare per i colori dell’arcobaleno, struscicarsi nella luce liquida, e temeva l’inchiostro buio, la vacuitá delle forme.
Desiderava essere un foglio pregiato, il lato piano di parole invasive. Di quelle che non ti lasciano via d’uscita.
Incapace d’esprimersi ed in impietosa attesa, il foglio bianco rimuginava tra sé e sé cercando il chi, cosa, dove e perché.
Finché il quando arrivó.
Un bimbo leone lo notó; il suo splendore solitario lo rendeva l’oggetto perfetto,
oceano d’olio di bianca leggerezza, disponibile all’avventura.
Lo rubó e portó via con sé.
Chiaramente il foglio era contrario a tutto ció, spodestato e stropicciato, nascosto ed irrimediabilmente allontanato da un vero possibile pensatore, qualcuno che gli desse spessore.
Senza avere voce in capitolo il foglio bianco affrontó il suo destino con altezza, e si lasció fluire nei movimenti saggi di tan giovani manine.
Sensazione strana quella d’essere toccato, piegato, lisciato, e ripieghato; l’aria sussurra sulla superficie, gioca a nascondino.
Mutando, il foglio bianco non poteva sentirsi piú vivo, gioioso d’essere stato rapito da quell’essere cosi` piccolo da non sembrare per nulla rilevante.
E il bimbo leone aveva trovato il mezzo di trasporto perfetto per scappare.
C’era una volta Bianco Leone.
Piccolo e leggero si muoveva sinuoso.
A volte saltava di nube in nube, incorniciato da un cielo blu.
Spesso riposava tra fili d’erba, verdi ed umidi, sotto l’ombra di un ciliegio in fiore.
Ruggiva di tanto in tanto, ma per lo piú ascoltava; le parole si disegnavano da sole e la sua superficie si colorava di paesaggi infiniti.
Era Bianco Leone; puro, orgoglioso e mai piú solo.
Con un unico timore: un bimbo foglio bianco.
Story by Benedetta Tagliaferri.